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attualità
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Che ne facciamo del 5 per mille?
Anche i servizi sociali si candidano a ricevere fondi dai contribuenti… ma cosa ricevono i contribuenti in cambio dai servizi sociali?
Patrizia Reso
Le sorprese non hanno mai fine. Dopo la novità dei passi carrabili diventati obbligatori e retroattivi, dopo l’aumento sulle bollette della spazzatura e dell’acqua (a proposito a che punto stanno gli accordi per convolare nella Salerno
Sistemi?!), il Comune, su iniziativa dell’assessore alle politiche sociali Autilia Avagliano, chiede ai cittadini di
devolvere il 5 per mille dell’Irpef in favore appunto dei servizi sociali.
Dal 2006, cioè da quando la legge finanziaria ha permesso ai cittadini di devolvere il 5 per
mille a favore di soggetti che sono ufficialmente riconosciuti operare in
settori di pubblico interesse sociale, nelle famiglie, dove esiste ancora il
dialogo e il confronto, c’era l’imbarazzo della scelta: da organizzazioni locali come Mani Amiche a quelle
nazionali, tipo ANPI, o a quelle internazionali tipo Emergency. Spesso l’imbarazzo si scioglieva “diplomaticamente”: quest’anno lo diamo a…, l’anno prossimo a…
Stiamo parlando di grandi organizzazioni di volontariato che operano nel terzo settore, che va dal sociale al culturale,
dalla ricerca scientifica a quella universitaria.
La legge guida però prevede anche che si possa devolvere il proprio 5 per mille alle politiche
sociali dei Comuni oppure alle politiche di tutela dei beni culturali o paesaggistici ambientali. A
tal proposito mi pare onesto ricordare che per quest’anno, con ogni probabilità, saranno tagliati circa 10 mln di euro destinati alla valorizzazione e
salvaguardia dei beni culturali, paesaggistici e archeologici.
Giustamente dopo tutti gli interventi e le attività che le amministrazioni pubbliche mettono in essere per i propri cittadini, mi
sembra ovvio che ne richiedano la collaborazione. Sembrerebbe un passo avanti verso
quella democrazia partecipata cui anela il popolo, specie se chiamato a
condividere poi gli interventi che ne seguono. Purtroppo così non è. Il popolo, i cittadini ormai sono solo vessati dallo Stato e dai Comuni. Sono
anni che manifestano il loro malessere, le enormi difficoltà per gestire la “normalità” di una casa o di una famiglia, con l’assenza di lavoro, con lo sfruttamento delle professionalità, con il nuovo schiavismo legalizzato, con la dissoluzione dei nuclei familiari
attraverso l’emigrazione dei cervelli (che oggi lo Stato invita al rientro agevolandoli con
una detassazione), con il sussistere delle discriminazioni nonostante il
proliferare di leggi…
Infine se un cittadino non specifica a chi devolvere il suo 5 per mille,
automaticamente rimane allo Stato, che dovrebbe (uso il condizionale)
ripartirlo tra i beneficiari in modo proporzionale.
Ci si riempie la bocca di democrazia: chi la vuole diretta, chi partecipata, chi
attiva, ma in effetti il cittadino continua ad essere solo un buon limone da
spremere e non quel soggetto da tutelare e promuovere (come recita la nostra
Costituzione) perché elemento fondamentale per per ogni repubblica che si rispetti.
Panorama Tirreno, 2 maggio 2017
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