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Addio don Mimì
Enrico Passaro
Don Mimì e stata sicuramente una delle figure piu rappresentative di questo secolo per la città di Cava e non è retorico affermare che la sua scomparsa costituisce una perdita non colmabile.
Vogliamo ricordare il suo giornale, “Il Castello”, che ha voluto portare fino all’invidiabile traguardo dei 50 anni di vita, prima di cederlo solo pochi mesi prima della sua scomparsa. “II Castello” è vissuto con lui e ci ha lasciato quando non ha avuto più la forza di continuare a fare il suo giornale. Ricordiamo l’editoriale di poco più di un anno fa, quando confessò di voler portare a compimento il cinquantesimo anno di vita del giornale per poi cederlo a chi volesse continuare. Era il suo testamento giornalistico, col quale promise di cedere la collezione di tutti i numeri alla Biblioteca Comunale. Una testimonianza preziosissima di cinquanta anni di vita della città metelliana.
Il suo senso della storia: ci ha regalato pagine e pagine di studi e ricerche sulla storia di Cava. Grazie a lui oggi sappiamo un po’ meglio chi siamo e da dove veniarno.
II culto per il nostro dialetto: ricordo che alcuni viaggi insieme per recarci al Circolo della Stampa a Napoli erano riempiti dalle sue riflessioni e descrizioni sulle origini e il significato di un proverbio o un detto antico; e si compiaceva delle polemiche con altri storici partenopei sull’interpretazione di quei motti.
L’amore per la sua città: era immensa. Si scaldava quando lo si invitava a discutere sulle origini delle “Farse Cavajole” e non perdonava al salernitano Braca di averle tramandate come messe in scena sulla stupidità dei cavesi e non come tradizione nata nella nostra città.
La passione politica: è stato la coscienza della cittadinanza in consiglio comunale nel suo breve mandato. Poi si è ritirato amareggiato per il prorompere di una politica ben diversa da quella che costituiva il suo ideale. La piazza stracolma di folla ad ogni suo comizio rappresenta un primato ineguagliabile.
L’Apicella televisivo: contraddiceva tutti i principi della civiltà dell’immagine di cui siamo intrisi. E la sua comunicazione era comunque immediata, incisiva, coinvolgente. Posso testimoniare che “Quarta Rete” era conosciuta e seguita dall’agro nocerino fino ai confini cilentani grazie al “Pronto chi e?” di don Mimì.
Ben più e ben altro di questi brevi frammenti si potrebbe dire sull’avv Apicella, ma per il momento ci fermiamo. E, per il momento, non possiamo che rivolgergli che un semplice, insignificante, ma sentito, “GRAZIE”!

Panorama Tirreno, ottobre 1996
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