I numeri precedenti

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Aquilotti avanti tutta, il passato ci attende
Un torneo comunque indimenticabile tra ricordi e speranze per il futuro
Enrico Passaro
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Avevamo in programma di scrivere un bell’editoriale per festeggiare la promozione, ma i sogni si sono infranti negli ultimi trenta minuti (per di più supplementari) di questo interminabile campionato. Poi, riflettendo, ci siamo convinti che la Cavese merita comunque un’attenzione in questo spazio dopo l’ottima stagione disputata e indipendentemente dalle vicissitudini societarie delle ultime settimane e le ansie per l’iscrizione al prossimo campionato.
Ottima per tre quarti del torneo, inarrivabile, impeccabile, per il gioco e per i risultati, non per alcuni atteggiamenti e comportamenti che poi diremo. È stata, sì, unanimemente riconosciuta la migliore squadra fino al marzo scorso, è stata apprezzata per il bel gioco e l’ottima disposizione in campo, ha fatto sognare tutti noi.
Il pensiero è corso all’indimenticabile ritornello “Uhe Scara’ uhe Scara’, piglia ’a palla e va a signa”, dedicato a quell’Alfonso Scarano, centravanti biancoblu che con i suoi 15 gol trascinò la squadra nel 1977 dalla serie D alla C, col contributo determinante degli indomiti Devastato, Gardini, Porcelluzzi, Scardovi, Cavuoto, Gregorio e tutti gli altri. E sotto la guida del compianto Ramon Lojacono, rimasto nel cuore dei tifosi aquilotti. Fu l’anno della promozione dalla quarta alla terza serie (come avrebbe dovuto accadere sul campo quest’anno), l’anno in cui cominciò l’escalation, che ci avrebbe portata nel giro di soli tre stagioni alla serie B.
Il miracolo fu ripetuto nel torneo successivo, in cui la Cavese riuscì a restare fra le 11 squadre chiamate a far parte della nuova C1; e negli anni a seguire, guidati da Corrado Viciani prima e Piero Santin poi, la scalata alla B trascinati da un altro indimenticabile: Claudio De Tommasi (“De Tomma’ De Tomma’, piglia ’a palla e va a signa”).
Abbiamo desiderato e ci siamo illusi che le gesta dei calciatori di quest’anno potesse essere l’avvio di una nuova stagione di grazia per la società aquilotta e per la città. Quello compreso fra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 fu un periodo in cui, nonostante il terribile terremoto, l’immagine di Cava trasse enormi benefici dalle imprese della Cavese e dai concerti allo stadio. Di questi ultimi (per la gioia di alcuni benpensanti che tanto li osteggiarono) non v’è più traccia dopo la scomparsa di Troiano e ne riparleremo in una prossima occasione. Delle imprese della squadra di calcio speravamo proprio di poter cominciare a ripercorrere le gesta dopo un ventennio di amarezze e delusioni. Così non è stato sul campo, salvo ipotesi di ripescaggio.
In una stagione tutto sommato da immortalare fra le migliori della storia aquilotta è singolare ricordare che la squadra ha ottenuto ottimi risultati fuori casa o in casa a porte chiuse. La cosa evidentemente fa riflettere, perché evidentemente, checché ne pensino alcuni ultras irriducibili circa il loro presunto ruolo insostituibile, essi con le loro intemperanze possono provocare solo danni ad una società (e all’intera città) in un perenne equilibrio instabile sia nei conti finanziari che nella considerazione di cui gode in Lega e nell’opinione pubblica.
Sarebbe ora davvero di farla finita con le pessime figure e con un insopportabile vittimismo, in base al quale saremmo continuamente vittime di trame e provocazioni orchestrate da altri. Quando si è più forti (questa Cavese lo ha dimostrato per tre quarti di campionato) non esistono trame e congiure arbitrali. Quelli che perdono, senza nessun appello, sono gli scalmanati sugli spalti, i folli, coloro che si autoconvincono della necessità di dover reagire con la violenza a presunte imboscate o intollerabili provocazioni.
Alla fine del torneo, la società avrà fatto ovviamente i conti anche sui mancati introiti da incassi e sulle salatissime multe che ha dovuto onorare. Non sarà stato un bel bilancio e bisognerà dire grazie ai guerrieri ad oltranza che ci onorano della loro pestifera presenza negli stadi.
Capitolo chiuso. Ora guardiamo avanti e speriamo di ritrovare un magico equilibrio che possa consentirci di fare bene nella prossima stagione (se ripartiremo dalla C2) o di ben figurare nel torneo di C1 (se saremo ripescati).
Ma attenzione, se sarà C1 potremmo ritroverare sulla nostra strada i vecchi amici/nemici della Salernitana. Altre epiche sfide, ma anche nuovi rischi di stupida violenza.Attendiamo speranzosi, ma con qualche timore.
Intanto nella mente non smette di risuonare un vecchio, dolce ritornello: “Uhe Scara’ uhe Scara’, piglia ’a palla e va a signa”.

Panorama Tirreno, luglio 2005

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