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attualità
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Raffaele Bellucci, era l’ultimo superstite
della strage del treno di Balvano
Nel 1944 sopravvisse alle esalazioni del carbone in galleria a causa delle quali
morirono circa 600 passeggeri. Fu salvato da un pugno di neve
Erano gli anni della guerra e Raffaele Bellucci a 17 anni andava spesso a
Potenza e dintorni per il suo lavoro di boscaiolo e per necessità alimentari. Quel giorno sul treno stava con il fratello Giuseppe. Nel
convoglio, pieno fino all’inverosimile, lui e il fratello si sistemarono alla meno peggio tra un vagone e
l’altro, ma in posizione tale da poter scendere e salire anche col treno in
movimento. Prima di ogni galleria, infatti, erano soliti slanciarsi a terra per
prendere un pugno di neve e creare così una sacca di ossigenazione durante l’attraversamento, che era sempre pericoloso proprio per le esalazioni di ossido
di carbonio. La neve, in quell’occasione, salvò la vita ai due giovani, mentre il grosso rimase intrappolato e fu intossicato
fino alla morte.
Raffaele Bellucci era diventato una pagina vivente di storia. L’ultima uscita pubblica è avvenuta nel marzo dello scorso anno, quando, in occasione dell’anniversario dell’evento, aveva incontrato a Palazzo di Città gli allievi delle scuole superiori di Cava de’ Tirreni per raccontare la sua vicenda, emblematica della condizione di disagio
e di povertà di quei tempi drammatici.
Sue testimonianze dirette si ritrovano in reportage di televisioni locali ed in
alcuni volumi, tra cui “Senza ritorno” di Patrizia Reso, che rievoca la tragedia e dettaglia le singole storie dei
cavesi che erano sul treno.
Il libro che ricorda la tragedia
Patrizia Reso
Balvano ’44. Le vittime del treno della speranza
Edizioni Terra del Sole 2013
pagine 85 • euro 12,00
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