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cultura & società
In Campania 23 famiglie su 100 sono povere
Al 51% la disoccupazione fra i giovani

Le famiglie in condizioni di povertà relativa in Campania sono 23 su 100. Circa 5 su 100 percepiscono meno di 6.000 euro all’anno e 9 su 100 sono al di sotto di 12.000 euro di reddito. Il 59% delle famiglie residenti è monoreddito e circa il 20% risulta con tre o più familiari a carico. È questo il quadro estrapolato dal Centro Studi ANCE Salerno sulla base delle rilevazioni contenute nel rapporto Svimez 2014.
È in questo contesto che si inserisce l’indicatore del PIL pro capite (16.291,9) che risulta pari al 64% del PIL pro capite della media Italia. È l’altra faccia della medaglia derivante dalla crisi dei livelli occupazionali: in Campania è stata accusata la perdita di 14.600 unità lavorative nel 2013, mentre il tasso di disoccupazione ha sforato la barriera del 21% con punte del 51,7% tra i giovani entro i 24 anni.
Sono questi gli indicatori salienti che – rimarcano gli analisti del Centro Studi ANCE Salerno – confermano una situazione di gravissima crisi dei redditi destinata a creare squilibri nelle dinamiche di coesione sociale. Il divario di sviluppo tra Centro-Nord e Mezzogiorno appare, quindi, tra le principali cause del deterioramento del tenore di vita delle famiglie, che nelle regioni meridionali ha raggiunto una diffusa consistenza come mai in passato.
Ad alzare significativamente la media del Mezzogiorno (26%) concorrono la Calabria (32,4%) e la Sicilia (32,5%). Va aggiunto che, nell’ambito della macroarea meridionale la percentuale di famiglie residenti che percepiscono meno di 6.000 euro annui è del 3,9%; quella con meno di 12.000 annui è del 9,5%. Le famiglie monoreddito residenti al Sud sono il 57% e quelle con tre o più familiari a carico sono il 14,7%.
I trend della povertà relativa
Il perdurare della crisi economica del Mezzogiorno – ha spiegato la Svimez – ha stimolato la crescita del trend della povertà assoluta nel 2013 pari al 2,8% (a fronte di un innalzamento di meno di mezzo punto percentuale nel Centro Nord). È sempre la Svimez ad evidenziare che nel 2013 le famiglie «assolutamente povere nel Mezzogiorno erano pari a un milione e 14 mila unità, come nel Centro Nord, con una incidenza sul totale delle famiglie del 12,6%, più che doppia rispetto al Centro Nord (5,8%)».
A conti fatti, si legge sempre nel Rapporto Svimez 2014, «il numero della famiglie assolutamente povere è aumentato nei sei anni della recessione di quasi due volte e mezzo, a fronte di poco meno del raddoppio del resto del Paese. Nel Sud, in particolare, quasi il 40% della crescita si è concentrato nell’ultimo anno». E nel 2012 solo il 5% delle famiglie del Centro-Nord «è risultato incluso nella classe a più basso reddito, con meno di 1.000 euro al mese, contro quasi tre volte tanto (13,4%) delle famiglie del Mezzogiorno».
Va, inoltre, considerato che le famiglie monoreddito nelle regioni meridionali, insieme con quelle numerose e con quelle composte da anziani soli, si configurano come quelle più esposte a rischio povertà. «Nel Sud – approfondisce la Svimez – risulta molto elevata la povertà tra le famiglie composte da due o più nuclei (circa il 41%). Si tratta di un fenomeno, quello della “ricomposizione” dei nuclei familiari, che è rinato nel corso della crisi come soluzione per sfruttare le economie di scala dovute alla condivisione dell’abitazione e di tutti i costi ad essa legati».
È evidente, quindi - asseriscono gli analisti del Centro Studi ANCE Salerno – che occorre intervenire con urgenza sulle politiche di sostegno al reddito per evitare di alimentare un circuito vizioso destinato ad incidere sull’aumento esponenziale di famiglie in stato di povertà e, nello stesso tempo, potenzialmente esposte alle pressioni della criminalità organizzata sotto il profilo dell’erogazione di redditi derivanti da attività illecite anche minimali.

Panorama Tirreno, marzo 2015