Panorama oltre il Tirreno
Sull’Osservatorio astronomico di Paranal in Cile… a un passo dall’Universo
Visita a 2.600 metri dove si scruta sulle origini delle galassie e si cercano
segnali di vita dallo spazio, ma si osserva anche uno splendido tramonto nell’Oceano Pacifico… pensando a Santa Maria di Castellabate e a Capri
Enrico Passaro
Non capita tutti i giorni di andare a visitare l’osservatorio astronomico più alto del mondo e giacché mi è capitato, ho piacere di raccontarlo. Si tratta del Paranal, sul Cerro Paranal a
2.635 metri d’altezza, nel deserto di Atacama in Cile.
Lunga traversata per arrivarci: in aereo fino a Santiago e altro volo per
Antofagasta, a più di mille chilometri a nord della capitale. È città sul mare Antofagasta, con un grande porto e circa 300mila abitanti. Di origine
mineraria, non è esattamente il meglio da visitare come turista, ma è un centro cileno molto importante e il punto di appoggio da cui accedere al
deserto di Atacama. Pochi chilometri dal centro città e già la vegetazione si dissolve. Il panorama si correda di sassi, polvere e radi
ciuffi d’erba. Pochi minuti e i ciuffi scompaiono. La lunga striscia d’asfalto è costeggiata a destra e a sinistra di terra secca, secchissima. Non piove mai ad
Acatama. Le condizioni climatiche rendono impossibili le formazioni di nubi e
qualche scroscio d’acqua si registra ogni paio d’anni. Quando si dice “deserto”, prova tangibile: per chilometri e chilometri di strada intorno non vedi forme
di vita. Neanche a parlare di un cane o di un coyote che attraversi la strada,
e la prova dell’assenza di vita è data dalla totale mancanza di uccelli, quindi evidentemente né insetti o topi o serpenti o altri rettili di cui nutrirsi. Deserto, appunto!
Eppure non è noioso viaggiare per i 130 chilometri da percorrere fino a Cerro Paranal. Si è presi dal fascino del paesaggio estremo, degli orizzonti ampi. Di tanto in
tanto si incontrano altarini in pietra ai bordi della strada, di tutte le forme
e dimensioni: ci raccontano che sono a ricordo delle decine e decine di persone
che ogni anno perdono la vita per incidente su quella striscia d’asfalto. Come? Transita una macchina ogni mezz’ora e si verificano incidenti? Altroché, ci spiegano, proprio per la monotonia della guida i colpi di sonno sono
letali: sempre diritto per lunghi chilometri, poi un curvone mentre ti si
chiudono gli occhi e… sei già nell’aldilà. E infatti la maggior parte degli altarini li riscontri in prossimità delle curve.
Arrivati ai piedi del Cerro Paranal si inizia la ripida salita: in pochi minuti
siamo a 2.000 metri, all’ingresso dell’osservatorio. E’ uno dei più importanti del mondo ed è gestito dall’ESO (Osservatorio Europeo Australe), un’organizzazione astronomica internazionale di cui fanno parte 16 nazioni, tra cui
l’Italia. La caratteristica di questo osservatorio è che possiede il Very Large Telescope, un sistema di quattro telescopi ottici
separati che possono agire anche come un unico strumento (Very Large Telescope
Interferometer).
Strumento potentissimo per esplorare gli abissi dell’Universo. Ma perché in pieno deserto e perché a 2.600 metri? Perché qui esistono condizioni ideali: aria rarefatta, assenza di umidità, nessuna luce nel raggio di chilometri, panorama di stelle visto dall’emisfero australe, più utile per approfondire le conoscenze sulla Via Lattea.
Con la luce qui non si scherza. La notte deve essere buia che più buia non si può, luna permettendo, per consentire agli strumenti di fare le migliori
rilevazioni. A 2.000 metri, dove ci fermiamo, c’è il centro di accoglienza, alcuni laboratori, un eliporto e gli ambienti per
pernottare e ristorarsi. La zona alberghiera, diciamo così, si trova in un edificio incassato nella roccia. I balconcini nelle stanze
hanno delle tende spesse che rigorosamente impediscono alla luce elettrica dell’interno di filtrare all’esterno. E qui siamo a circa 600 metri più in basso del punto più alto del Cerro, dove sono collocati i telescopi. Se vuoi arrivare in cima di
notte devi salire a luci spente, proibite anche le torce, per non alterare i
dati degli strumenti al lavoro.
L’ESO non si accontenta di questo posto strategico. Su un monte poco distante, il
Cerro Armazones praticamente di fronte, si sta realizzando un nuovo
osservatorio ancora più in alto, a 3.064 metri, l’ European Extremely Large Telescope (E-ELT), un gigante con un diametro dello
specchio primario di 39 metri.
Il manager a cui è affidato il progetto è Roberto Tamai, napoletano. Scusate la partigianeria, ma è una goduria dialogare con lui lassù con accento napoletano e qualche parolina in dialetto. Ci spiega che quello a
cui sta lavorando è un grande progetto (chi lo mette in dubbio!) e che a Paranal si fanno ricerche
sulle origini dell’Universo e sulla possibile presenza di altre forme di vita nello spazio. Mi
direte: e non gli hai chiesto nulla? Certo che gli ho chiesto qualche notizia
riservata su prove o segnali provenienti dalle galassie, facendo leva sulle
comuni origini, ma credete che abbia ottenuto qualcosa di più di qualche sorriso accondiscendente? La materia, si sa, è top secret. Come pure, quando ha accennato al piccolo telescopio tutto
orientato sulla luna: “Sono visibili le tracce lasciate dagli americani sul satellite?”, gli chiedo. Così, tanto per smentire i soliti complottisti negazionisti che sostengono che sia
tutta una bufala. Roberto ride e, indulgente, ci rassicura.
Alla fine dormiamo lassù, ma prima di dirigerci a cena, aspettiamo in cima, fra i telescopi, di vedere
il tramonto, spettacolare. Attesa al vento che soffia sferzante, ma alla fine
lo spettacolo non si fa negare. Bello, affascinante, ma mentre il sole si tuffa
nel Pacifico, in un impeto di partigianeria, mi rivolgo al conterraneo: “Robe’, siamo a 3.000 metri ed è indubbiamente interessante guardare laggiù l’oceano tingersi di rosso; ma vuoi mettere un tramonto estivo a Santa Maria di
Castellabate, col sole che cala alle spalle di Capri?”. E qui, finalmente faccio breccia nel sangue partenopeo: “No, ti prego, non nominarmi Capri, che mi viene il magone!”.
Buonanotte da Paranal, spengo la luce e sto per addormentarmi. Non ci crederete,
qui è buio pesto e c’è un silenzio assordante.
Panorama Tirreno, aprile 2017