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Leggere Dante

Attilio Mellone O.F.M. (a cura di)
I primi undici canti del Paradiso
Bulloni Editore Roma – 1993
348 pagine

Dobbiamo ancora a Padre Attilio Mellone, francescano e come tale modesto e discreto, ma pur profondo e squisito dantista, questo volume che raccoglie undici interventi sui primi undici canti del Paradiso, frutto della ormai nota “Lectura Dantis” della città di Cava. Il volume fa seguito al primo uscito nel 1987, che conteneva una “lettura” per il 750esimo anniversario della morte di San Francesco, tenutasi nel 1977, e il ciclo di letture del 1982. I vari commenti a questi undici canti del Paradiso si avvalgono di firme prestigiose come: Fernando Salsano, dell’Università di Cassino; Fausto Montanari, dell’Università di Genova; Cesare Vasoli, ordinario di Filosofia del Rinascimento dell’Ateneo di Firenze; e ancora: i proff. universitari Giancarlo Rati, Eugenio Ragni, Raffaele Sirri, Nicolò Mineo, Paolo Brezzi, Emerico Giachery e i “nostri” Daniele Caiazza e Agnello Baldi, Ispettori del Ministero della P.I., nonché quest’ultimo, fondatore assieme al prof. Ferdinando Salsano e a Padre Attilio Mellone della “Lectura Dantis Metelliana” nel lontano 1974.
Lasciando al lettore il piacere di queste dotte pagine, è doveroso sottolineare almeno l’undicesimo canto. Come si sa, è quello dedicato alla “vita” di San Francesco nella “festa di paradiso”, e il prof Nicolò Mineo, ordinario di Letteratura Italiana nell’Università di Catania, firma un intervento che è veramente un saggio notevole (con le sue ben 100 pagine!) e prezioso per l’acutezza e l’originalità delle argomentazioni. Scrive Mineo: «Dante vide Francesco come il mistico cavaliere di Cristo e come sua figura, chiamato al compito di orientare nuovamente la cristianità verso quella originaria “forma vitae”, che l’avidità de beni temporali, derivata dall’infedeltà al messaggio evangelico, avevano rovinosamente messo in oblio».
Come si vede, non solo godimento intellettuale e spirituale per gli addetti al lavoro, ma anche riflessioni di vita terribilmente attuali oggi, per un clima in cui sembra che “l’avidità dei beni temporali” abbia messo a tacere ogni valore morale. Buona lettura.
Antonio Donadio
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