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Il Pd verso le nuove responsabilità
Enrico Passaro
Ancora una volta è stata smentita una vecchia favola, che Cava sia ineluttabilmente città conservatrice e di destra. E’ il lamento frustrato di molti “progressisti” che ritorna con regolarità ad ogni votazione. Eppure, dal dopo-Abbro in poi, cioè dall’avvento delle elezioni comunali con il nuovo sistema (quello della scelta diretta del sindaco), quattro volte su sei ha vinto il candidato di centro-sinistra. Accadde la prima e la seconda volta con Raffaele Fiorillo, si è ripetuto la quarta e la sesta prima con Gigino Gravagnuolo e ora con Vincenzo Servalli, intervallati soltanto da Alfredo Messina e da Marco Galdi.
Servalli ha vinto in maniera chiara, con dignità, moderazione e, oserei dire, con educazione. Si apre il cuore, quando una campagna elettorale non si svolge all’insegna degli strepiti e delle accuse volgari. Il merito è stato naturalmente di tutti i contendenti, ma in particolare dello sfidante più accreditato, che non ha cercato di guadagnare attenzione e consensi con una propaganda gridata e attacchi populisti. L’augurio è quello di riportare la politica, almeno quella cittadina, a uno stile più pacato e meno esasperato, che non fa altro che distrarre l’attenzione dai veri problemi.
E di problemi Cava ne ha davvero tanti da affrontare. Il nuovo sindaco ha la pazienza, la formazione politica e culturale per aggredirli con intelligenza e apertura mentale. Dovrà dare la sensazione di saper gestire l’ordinaria amministrazione e di tessere la pianificazione del futuro, senza piegarsi a giochetti, forzature e ricatti che hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita cittadina; senza farsi tentare da dannosi coup de théâtre, come quelli su cui ha insistito l’amministrazione uscente (ricordate il deleterio acquisto della Cofima, l’annullamento del finanziamento per il teatro a vantaggio di un insipiente albergo per handicappati, fino alla cocciuta e ottusa progettazione della scacchiera?); senza farsi trascinare in logoranti rotture e accordi di maggioranza e giochi di potere.
Alla fine Marco Galdi ha perso per questi motivi. Godeva della rendita di posizione di essere sindaco uscente, unico eletto senza ballottaggio con un enorme patrimonio di voti pari ad oltre 21mila preferenze nel 2010. Sembrava essere il rappresentante di una maggioranza apparentemente granitica. La riconferma era nell’ordine quasi naturale delle cose. Eppure è riuscito a depauperare questo patrimonio con una serie di iniziative discutibili e con frequenti rimpasti che hanno dato la sensazione di accordi volti più alla difesa della poltrona che al bene della città. Eppure con questi accordi è riuscito a terminare i cinque anni del suo mandato, interrompendo la serie negativa dei suoi due predecessori. E poi è stato il sindaco che ha portato (quasi) a conclusione i lavori del trincerone e sulla via di completamento quelli del sottovia. E’ riuscito anche ad avviare alcune importanti opere pubbliche per il recupero di edifici storici cittadini (San Giovanni, ex Eca), ma evidentemente non è bastato, anche perché tale dovizia di iniziative è stata accompagnata da alcune furbate pre-elettorali giudicate indegne dal popolo della rete, come ad esempio gli ultimi concorsi definiti sfacciatamente ad personam, ed altre frettolose imperizie come l’acquisto dei cestini dei rifiuti, quelli che sembravano già al momento dell’installazione e che sono di fatto diventati “arrugginiti”, tanto per intenderci.
Nelle votazioni comunali dei dieci candidati, i cavesi hanno dimostrato di non credere più alle sirene delle facili scorciatoie per riconquistare la dignità che gradualmente hanno, ahimé, smarrito negli ultimi anni. Il centrodestra ha dilapidato la maggioranza assoluta che aveva conquistato cinque anni fa. Il partito di Berlusconi è diventato, da prima, solo quarta formazione politica. Il movimento cittadino dei 5Stelle si è rivelato un vero disastro, assolutamente incapace di uscire dalle sue diatribe interne e di poter incidere sul futuro politico della città. Il PD è chiamato, attuale primo partito, ad assumersi la responsabilità massima delle prospettive di crescita di Cava de’ Tirreni. Lo farà poggiando sulle solide basi dell’ ”onda” De Luca a livello regionale e di un certo renzismo diffuso tra i suoi esponenti. Come dire che non ci sono più alibi e che Cava ha l’estrema necessità di essere governata con decisione e lungimiranza.
Tra problemi vecchi (ospedale, opere pubbliche, gestione degli edifici comunali) e nuovi (Ausino, utilizzo dei fondi europei), Cava deve ripartire, deve credere nelle sue potenzialità, deve riconquistare la sua dignità… Deve essere bene amministrata e i suoi cittadini devono ritrovare la fiducia di intraprendere.

Panorama Tirreno, giugno 2015