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“Ha da passà 'a nuttata”
Ma ci vorrà tempo e pazienza
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Enrico Passaro
Continuo a ripetere ai miei figli, che mi guardano stralunati: “Guardate che la noia fa bene, la noia è utile”. Mi pare che non comprendano appieno. Ma io comprendo il fatto che loro non possano comprendere. Eppure ho un bel ricordo della noia della mia adolescenza, dei pomeriggi senza far niente, buttato sul letto a guardare il soffitto. Come lo spieghi alla generazione degli iperconnessi e degli smartphone-dipendenti? Anche loro stanno conoscendo la noia in questi giorni di reclusione.
Concluse le mie improbabili prediche alle figlie, mi butto anch’io sui social. E leggo di tutto, di tutto intorno al Coronavirus: “L’Italia s’è desta”, “Siamo tutti migliori”, “Siamo un popolo straordinario”. E poi immagini bellissime del nostro Paese, di Roma, delle città deserte, di una Napoli che non ti delude mai. Sale la commozione. “Ce la faremo”! Dalle case, applausi, canzoni, stornelli, tammurriate. Stasera flashmob con le luci accese sui balconi per far vedere dal satellite al mondo un’Italia viva, compatta e forte. E poi, l’Inno d’Italia che si ripete quotidianamente. L’Inno d’Italia, capite? Gli italiani - questo popolo diviso, contrapposto, indisciplinato, senza senso civico - cantano spontaneamente l’Inno di Mameli, il “Canto degli Italiani”, appunto! E portano la mano al cuore, non risparmiano l’ugola, una lacrima solca il loro viso.

Vivo lontano da Cava, da molti anni, ma la cerco sempre col pensiero quando non posso tornare e precipitarmi sotto i portici. E nella mia mente è sempre lei, con i miei cari, la piazza affollata, i giovani allegri e impegnati, le iniziative, i gruppi culturali, sportivi, folcloristici. Vedo le immagini di oggi su Facebook e scorgo strade deserte, un clima di guerra. Strano a dirsi, ma ho la percezione concreta di quanto sta accadendo più da queste immagini che dalla mia quotidianità romana. Troppo diversa questa Cava da quella che circola nel mio immaginario.

È opinione diffusa che dopo questa esperienza non saremo più gli stessi, intendendo che saremo migliori, singolarmente e come popolo. Non ne sono convintissimo, anzi! Quante volte è stato detto: dopo la guerra, dopo la crisi energetica, dopo l’omicidio di Moro e quelli di Falcone e Borsellino, dopo ogni terremoto, dopo il terrorismo rosso e nero, dopo tangentopoli, dopo alcune cose belle come il 4-3 con la Germania nel 1970 e il 3-2 col Brasile nel 1982, per noi addirittura dopo l’1-2 a San Siro contro il Milan nello stesso anno ‘82.
No no, quando passerà, perché passerà, torneremo gli stessi, con tutti i nostri enormi difetti, ma forse con un pizzico di consapevolezza in più dei nostri pregi, dei nostri meriti, delle nostre capacità, che non sono banali, né inutili, né folcloristici, ma costituiscono un valore grande.
“Ha da passà 'a nuttata” diceva Eduardo dopo il trauma morale collettivo della grande guerra. Anche stavolta “addà passà”. E non dovremo dimenticare in fretta. E ne dovremo essere orgogliosi.
Sì sì: c’è la faremo! Ma ci vorrà tempo e pazienza, la nottata è lunga.

Panorama Tirreno, marzo 2020