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Intervista esclusiva al primo cittadino di Cava de’ Tirreni
Gravagnuolo: “Per la città delle qualità serve
la partecipazione democratica dei cittadini”
Enrico Passaro
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Che c’è di meglio di un caldo e tranquillo pomeriggio d’agosto per sedere alla scrivania del sindaco e discutere con lui sul futuro del suo mandato. La frescura dell’ambiente e la luce soffusa (anche troppo, tanto che il sindaco dovrà avvicinare la lampada per consentirmi di prendere appunti) ci aiutano ad affrontare la discussione con toni pacati e sereni, rifuggendo da inutili provocazioni o dalla tentazione di scivolare su pettegolezzi di palazzo circa la composizione della giunta e la tenuta della maggioranza. Parliamo invece volentieri con Luigi Gravagnuolo delle prospettive della città, dei suoi problemi irrisolti da qualche lustro, di aspettative e programmi.
Partiamo da dove eravamo rimasti al termine di una lunga campagna elettorale, dal programma circa le “dieci qualità”. Sindaco Gravagnuolo, quali sono i primi passi da compiere per costruire la qualità a Cava de’ Tirreni?
«Come punto di partenza ho individuato i primi tre passi. Il primo è la riorganizzazione degli uffici e dei servizi comunali. È un momento importante: abbiamo la necessità di sentirci tranquilli sull’obiettivo di adempiere ai compiti istituzionali. Ma è un’operazione complessa da realizzare in tempi medi. Contiamo entro la fine dell’anno di giungere ad un livello superiore di organizzazione e funzionalità. Puntiamo sulla formazione, sull’impegno e sul coinvolgimento dei dipendenti comunali. Il secondo passo è quello di predisporre un disegno strategico coerente e funzionale, per tradurre in un programma puntuale ognuno dei punti della qualità previsti dal nostro programma e incardinarli in aspetti organizzativi e finanziari. In sostanza, si tratta di concretizzare le idee del programma in atti amministrativi e in un efficiente meccanismo di monitoraggio. Il terzo passo essenziale è quello di tenere alto il senso civico, ai fini della condivisione e della partecipazione attiva al progetto. Ci rendiamo conto che è necessario organizzare la partecipazione democratica nella città. È un tema che ritengo molto delicato. Da parte nostra non basta la disponibilità all’ascolto. Bisogna evitare da un lato l’immobilismo e dall’altro la tentazione di cedere a interessi particolari che minacciano di irretire l’interesse generale. In questo ambito ci si muove sul terreno particolarmente difficile, ma nello stesso tempo affascinante, della democrazia: bisogna tener conto che viviamo in una società dinamica e in continua evoluzione, dove sono necessarie decisioni rapide e tempestive tenendo sempre presente l’interesse generale».
Già, e in questa società dinamica Cava ha perso negli anni, uno ad uno, buona parte dei suoi principali strumenti di sviluppo economico ed occupazionale. Ricordiamoli: la manifattura tabacchi, la principale banca cittadina, un pezzo importante della Di Mauro, sbocchi occupazionali nel settore delle assicurazioni e dell’industria. Intanto il commercio è in crisi e il turismo non decolla. In questo quadro complessivo lei è riuscito a promettere agli elettori 1.000 nuovi posti di lavoro. Sindaco, come la mettiamo?
«Cava ha visto consumarsi il suo vecchio modello di sviluppo ed intanto non ne ha individuato un altro. In questi anni si è passati attraverso nostalgia, rivendicazioni inutili, velleità legate al vecchio stile-Abbro. Cava per decenni ha goduto di una situazione di relativo privilegio nel contesto in cui è collocata, grazie alla sua posizione che poneva la nostra valle come percorso obbligato nell’asse di comunicazione nord-sud e al fatto stesso di essere una valle chiusa, con un alto livello di controllo sociale. Ieri Cava sfruttava col commercio, l’artigianato e l’opportunità di proporsi come stazione di soggiorno il flusso di transito sul suo territorio. Oggi il sistema delle comunicazioni ci ha inevitabilmente tagliato fuori sia nel traffico ferroviario che in quello su gomme. E allora bisogna pensare ad un diverso modello di sviluppo legato, ad esempio, ai beni ambientali e culturali di qualità. In questo senso l’isolamento territoriale ci può dare ancora dei vantaggi, ma bisogna impegnarsi di più per tutelare meglio l’identità e la sicurezza; e poi puntare sulle opere pubbliche, sulla tecnologia, sulla solidarietà sociale. Infine, valorizzare i beni culturali di enorme pregio che sono patrimonio della città e il potenziale ambientale, nonché favorire lo sviluppo di un’industria mirata, di un artigianato di qualità e di un’agricoltura riconvertita rispetto al vecchio modello incentrato sul tabacco. Per far questo serve un grosso sforzo e un grosso investimento, in termini di milioni di euro. Il nostro compito sarà quello di riuscire a cogliere fonti di finanziamento e ad attrarre nuova imprenditoria rendendo allettante la prospettiva di investire nel nostro territorio».
Intanto a Cava ci si affanna ad organizzare manifestazioni potenzialmente di grosso richiamo turistico, ma che nella sostanza rimangono rivolte pressoché ad un pubblico locale. Pensiamo alla Festa di Monte Castello, alla Disfida dei Trombonieri, al Festival delle Torri, alla Bandiera d’Argento, alle Corti dell’Arte. Non crede che ci sia un’incapacità di pianificare e soprattutto di promuovere le manifestazioni come richiamo turistico?
«Per il prossimo anno abbiamo deciso di selezionare le iniziative caratterizzanti gli interessi della città dal punto di vista della qualità. Penso esattamente a queste manifestazioni. Per esse saranno previste voci di bilancio consolidate per garantire loro un regolare flusso finanziario che consenta di lavorare con serenità e fiducia. Per le iniziative che definirei di seconda fascia pubblicheremo dei bandi semestrali per le nuove proposte all’amministrazione. Poi terremo conto anche delle altre iniziative estemporanee. Il tutto dovrà essere inserito in un contesto programmato e consolidato in modo da poter offrire e promuovere per tempo, anche all’esterno, dei cartelloni di manifestazioni del tipo “Cava Estate” e “Cava Inverno”».
Il nostro giornale da tempo sostiene la necessità di costituire una società di promozione per il coordinamento e la promozione delle manifestazioni culturali, sportive, commerciali e di spettacolo nella nostra città. Non potrebbe essere un ulteriore passo verso la valorizzazione della proposta turistica?
«Devo dire che anche noi ci abbiamo pensato, ma è un’idea su cui ci vorrà un po’ più di tempo per lavorarci».
E che dire della mancanza di un teatro? Sarà Luigi Gravagnuolo il sindaco che porrà rimedio a questa grave assenza?
«Abbiamo già cominciato ad affrontare la questione. Ci sono sul terreno diverse ipotesi: un bando per l’ex complesso di San Giovanni, la possibilità di recuperare il Metelliano o altri spazi privati dello stesso tipo e infine la possibilità di adattare il deposito degli autobus in piazza Lentini. Quest’ultima soluzione mi sembra la più affascinante ed in linea con una certa tendenza in voga in questi ultimi anni di riconvertire strutture da precedenti diverse destinazioni, conservandone e preservandone le caratteristiche architettoniche».
Constatiamo con soddisfazione che l’idea del deposito degli autobus riprende una proposta sostenuta più volte su Panorama Tirreno negli anni passati e riportata anche nel volume “Un progetto per il 2000” realizzato dal nostro giornale… Ma cambiamo argomento e andiamo avanti.
La campagna di comunicazione per la raccolta differenziata dei rifiuti sta dando i suoi frutti. Non crede che si possano mettere in cantiere altre campagne per migliorare la vivibilità in città? Penso, ad esempio, a campagne per indurre i cittadini a lasciare a casa l’automobile ed uscire a piedi o in bicicletta; oppure per tenere più pulite le strade; o per abbellire i balconi con vasi di fiori; o ancora per combattere la zanzara tigre, che è diventato un problema non trascurabile in estate…
«Non c’è dubbio! I risultati della campagna per i rifiuti si stanno già vedendo. Ciò dimostra che la cittadinanza è sensibile a questi argomenti e recepisce volentieri una comunicazione pubblica volta a migliorare la vivibilità. Quello delle campagne di comunicazione è uno strumento essenziale per la nostra azione volta ad elevare il senso civico, come dicevamo prima, e giungere alla condivisione e alla partecipazione attiva dei cittadini».
La sua campagna elettorale ha messo in mostra una forte personalità, chiarezza d’intenti, determinazione, che le hanno consentito di ottenere la fiducia dei cavesi. Ora però sta facendo i conti con le logiche dei partiti che la sostengono. Quanto è possibile non rimanere schiacciati da questo sistema politico?
«Oggi i partiti sono in realtà aggregazioni che ruotano intorno ad un leader non più intorno ad un’ideologia. Sono veicoli per trasportare aspettative personali, non differenti visioni del mondo. Siamo tutti consapevoli di questo. Ma abbiamo lavorato molto sui valori che possono accomunarci e non avremmo ceduto a iniziative che possano colludere con l’interesse della città. Se la logica particolaristica dovesse arrivare a un punto di rottura con la promessa fondamentale fatta con la città, io sarò immediatamente pronto a riconfrontarmi con gli elettori. Sono fermamente deciso in questo senso, queste cose sono chiare a tutti. Abbiamo posto le premesse per lavorare in questo senso. Tutti hanno condiviso e finora devo dire che non ci sono stati particolari problemi».
Che termini userebbe per anticipare oggi una definizione del suo mandato di primo cittadino?
«”Sana amministrazione e elevato livello di progettualità”. Spero che nel periodo in cui rimarrò sindaco di Cava, la città comincerà a fare i primi passi verso un nuovo modello di sviluppo».
Sindaco, è già finita la sua luna di miele con la città o ancora continua?
Ci riflette un po’, poi afferma: «Credo che stia ancora continuando, ma oggi l’opinione pubblica comincia ad essere un po’ guardinga e vigile. Vuole vedere se saprò rispettare o meno le aspettative. Tutto sommato mi sembra ancora fiduciosa. Se vogliamo insistere su un’allegoria matrimoniale, devo dire che non è nemmeno scattata ancora la molla che traduce l’innamoramento in stabilità affettiva».
Beh, sarebbe davvero troppo presto. La stabilità affettiva nasce col tempo e bisogna guadagnarsela. Per la verità Gravagnuolo non ne ha avuto ancora il tempo. I matrimoni sono fatti di rispetto reciproco e condivisione e mi pare che, per ora, si sia sulla buona strada. Auguri sindaco, felice imeneo e figli maschi.

Panorama Tirreno, settembre 2006