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Le storie di militari italiani internati per non stare dalla parte di Salò

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Mario Avagliano e Marco Palmieri
Gli Internati Militari Italiani. Diari e lettere
dai lager nazisti 1943-1945
Einaudi 2009


Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 centinaia di migliaia di militari italiani furono disarmati dai tedeschi e posti di fronte ad una drammatica scelta: continuare la guerra sotto le insegne nazifasciste o essere deportati nei campi di concentramento? La gran parte di loro – circa 650 mila, tra cui 30 mila ufficiali e 200 generali – rifiutarono di continuare a combattere al fianco dei tedeschi e scelsero di non aderire alla Repubblica di Salò. La conseguenza del loro “no” fu la deportazione e l’internamento nei lager nazisti, non come prigionieri di guerra ma con lo status fino ad allora sconosciuto di IMI, Internati Militari Italiani, voluto da Hitler per sottrarli alla Convenzione di Ginevra e sfruttarli liberamente.
Questa pagina sconosciuta della seconda guerra mondiale, della guerra civile tra italiani tra il 1943 e il 1945, della Resistenza e della Guerra di liberazione italiana ed europea, è stata a lungo trascurata e dimenticata nel dopoguerra. Ora torna a rivivere in un libro che la ricostruisce e la racconta attraverso la voce e gli occhi dei protagonisti, grazie a centinaia di lettere (sottoposte a censura e talvolta mai recapitate) e diari (spesso clandestini) scritti nei lager in quei drammatici giorni, rimasti fino ad ora inediti e “sepolti” in archivi pubblici, privati e di famiglia. Il libro è “Gli Internati Militari Italiani. Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945”, di Mario Avagliano e Marco Palmieri.
I diari e le lettere degli IMI, inquadrati da una corposa introduzione storica, sono raccolti in nove capitoli, dal viaggio in tradotta verso i lager al ritorno a casa dei sopravvissuti, con un’appendice di foto e disegni dai campi. Ne emerge un affresco nitido e dettagliato della vita (e della morte) nei campi di concentramento. Una sorta di storia “dal vivo” e “in presa diretta” della fame, del freddo, del lavoro coatto, delle violenze, dei crimini di guerra e degli altri avvenimenti che costarono la vita a circa 50 mila internati e segnarono per sempre tutti gli altri. Dagli stratagemmi per aggirare la censura e le riflessioni segrete sui taccuini di fortuna emerge inoltre come la scelta di non aderire – compiuta in massa da una generazione nata e cresciuta sotto il fascismo – fu un vero atto di resistenza (il segretario del partito comunista Alessandro Natta, ex internato, parlò di “altra resistenza” ma il suo libro fu rifiutato nel 1954 e pubblicato solo quarantadue anni dopo da Einaudi), che contribuì al riscatto dell’Italia e degli italiani verso la democrazia e la libertà.
Scrive Franco Marcoaldi su “Repubblica”: “Niente come questa grande massa di documenti personali (compreso un capitolo dedicato a chi decide di stare dalla parte dei tedeschi e dei repubblichini), riesce a dar conto di una vicenda storica complessa e tragica, in cui l’umiliazione di un intero popolo s’intreccia a una progressiva presa di coscienza individuale e collettiva, a una fedeltà nelle proprie convinzioni pagata molto duramente. E per nulla ricompensata dalla nazione italiana”.

Panorama Tirreno, ottobre 2009