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Regole & Sport - 11
Quando giuoco e scommesse diventano
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abusivi
Vincenzo Senatore
L’art.4 della L 401/89 fu introdotto per debellare il fenomeno del toto-nero, ancora in piena espansione sul finire degli anni 80. Per effetto di tali disposizioni è considerato reato l’esercizio abusivo dell’organizzazione del gioco del lotto, di scommesse o di concorsi pronostici che la legge riserva allo Stato o ad altro ente concessionario. E’ penalmente perseguita anche la vendita, senza autorizzazione dell’Amministrazione dei monopoli di Stato, di biglietti di lotterie e di scommesse, la raccolta di prenotazione di giocate e l’accreditamento delle relative vincite, nonché la pubblicità data all’esercizio di tali attività e, infine, la mera partecipazione. Una sanzione è prevista anche per chi abusivamente esercita scommesse pubbliche su altre competizioni di persone o animali o giochi di abilità.
Book-makers dichiarati fuori-legge
Con l’avvento di internet, la massima diffusione di computers nel territorio nazionale e con l’abbattimento delle barriere doganali in ambito comunitario, il fenomeno scommesse si allargò vistosamente. L’amministrazione finanziaria ben presto fiutò la possibilità di rimpinguare in quel modo le esauste casse statali e la concessionaria Snai avviò una attività di raccolta di scommesse che aveva le stesse caratteristiche di quella da decenni svolta dai book-makers. Questi ultimi, che nel frattempo si erano ben introdotti nel mercato italiano, furono all’improvviso dichiarati fuori-legge. In seguito, la giurisprudenza stabilì quanto segue: il book-maker può svolgere l’attività di raccolta scommesse anche in Italia, anche in riferimento ad eventi organizzati dal CONI, tuttavia, sia la società centrale (il corrispondente della società inglese in Italia) sia gli operatori che svolgono l’attività in periferia (i punti vendita disseminati nei punti più disparati della penisola) devono essere muniti dei seguenti provvedimenti amministrativi: 1) la concessione rilasciata dall’amministrazione finanziaria; 2) la licenza rilasciata ai sensi dell’art.88 Tulps dal Questore del luogo in cui è ubicato il punto di raccolta; 3) l’autorizzazione alla utilizzazione del telefono o della rete informatica, rilasciata dal Ministero delle Comunicazioni. Da ultimo, tuttavia, tale orientamento è stato disatteso dalla sentenza nr.16928 della III Sezione Penale della Corte di Cassazione, depositata il 4 maggio 2007. La massima tratta da tale decisione è la seguente: “L’attività organizzata per l’accettazione e la raccolta di scommesse, anche per via telematica, se operata per conto di società quotate estere aventi sede in altro Stato membro dell’U.E. non può integrare il reato di cui all’art.4 L.401/89, in quanto il connesso regime concessorio-autorizzatorio della gestione delle attività di giochi e scommesse contrasta con i principi comunitari di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi di cui agli artt.43 e 49 del Trattato CE, come interpretati dalla Corte di Giustizia Ce”.
Un argine alla criminalità
L’indirizzo appare del tutto convincente: da un lato, infatti, esso toglie efficacia ad una interpretazione protezionistica della normativa, e, per tale motivo, non in linea con i principi del Trattato sopra ricordati; dall’altro, però, esso non liberalizza sic et simpliciter l’attività, e nel ribadire la necessità, per il singolo operatore, di munirsi della autorizzazione di Polizia, pone un argine - ci si augura efficace - rispetto alla, altrimenti, prevedibile invasione del settore da parte delle organizzazioni malavitose.

Panorama Tirreno, marzo 2009

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