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Luigi De Filippis e la sua “Rivista
del Mezzogiorno” osteggiata dal Fascismo
Patrizia Reso
foto Avv Luigi de Filippis.jpg
Una figura molto interessante, che ho trascurato di sviluppare in “Il fascismo e Cava, città di confino”, semplicemente per dei parametri che mi ero posta nella richiesta dei documenti e non certamente per negligenza, è quella di Luigi de Filippis, avvocato cavese, trapiantato a Napoli.
Non avendo richiesto i suoi documenti all’Archivio Centrale di Stato, ignoravo quanto fosse di spessore, specie culturale, la sua vita.
Un incontro epistolare con il nipote, suo omonimo, ma già provveditore agli studi, quindi ben conscio dell’importanza di trasmettere alle nuove generazioni le radici da cui originiamo, mi ha consentito di entrare nel suo mondo. Il prof. De Filippis  oggi è custode della sua memoria perché “ è importante perpetuare la memoria di chi ha vissuto in solitudine e con fatica gli anni del fascismo e, nel caso della mia famiglia, abbia sacrificato alla coerenza e al desiderio di libertà altre prospettive di più allettanti affermazioni e successi professionali e guadagni. È vero, sono stati dei grandi queste persone, che non hanno barattato la loro dignità in un clima di asfissiante conformismo e pervasive invasioni nella loro sfera personale e familiare”
Luigi de Filippis è stato, nel 1919, fondatore e poi direttore del periodico mensile “La Rivista del Mezzogiorno”, che fu più volte sequestrato dal regime, per le idee demo-liberali che andava diffondendo attraverso scritti e distribuzione. Fu infine soppresso nel ’26, in occasione della “rievocazione della grande personalità di Giovanni Amendola. (…) “Nel numero erano stati riportati scritti commemorativi di Luigi de Filippis, Guglielmo  Ferrero, Gherardo Marone, Roberto Bracco, e alcuni frammenti di discorso dello stesso Amendola. Tutti i collaboratori avevano in questo numero limitato la loro rievocazione al pensiero filosofico e alla personalità del Grande Scomparso” (La Rivista del Mezzogiorno, Luglio-Agosto 1926).
Luigi de Filippis è stato costantemente controllato dalla polizia politica dal 1926 al 1940: segnalato al Casellario Politico Centrale, equiparato ad un comune delinquente, iscritto alla Rubrica di Frontiera, “attenzionato“ alla vigilanza costante e continua perché antifascista. Il suo credo politico, la sua coerenza furono gli elementi base perché venisse inserito nel Comitato di Liberazione Nazionale e fu, dopo la caduta del fascismo, tra le guide che traghettò la città di Napoli verso quel futuro democratico che, finalmente, si andava prospettando.
Tra i collaboratori de “La Rivista del Mezzogiorno”, incontriamo molti nomi illustri e autorevoli, impossibile menzionarli tutti, mi limiterò solo ad alcuni, senza con questo togliere nulla agli altri.
In primis Giovanni Amendola, promotore dell’Aventino in Parlamento, in seguito all’assassinio di Matteotti. Amendola , nel ’26, fu a sua volta aggredito dagli squadristri fascisti. Morì in seguito alle percosse riportate, che si andarono a sommare ai copiosi danni di un precedente pestaggio.
Poi troviamo Ivanoe Bonomi, di formazione socialista, più volte ministro prima dell’avvento del fascismo, poi presidente del CNL dopo la caduta dello stesso.
Enrico De Nicola, che in seguito sarà eletto capo provvisorio del nuovo Stato dall’Assemblea Costituente, divenendo così il Primo Presidente della Repubblica Italiana.
Bortolo Belotti, che abbiamo conosciuto tra i confinati politici d’eccellenza a Cava.
La rivista, all’atto pratico, rappresentava un laboratorio di idee demo liberali, nessuna progettazione di rivoluzioni bolsceviche dunque, ma la sua posizione antifascista non fu ovviamente tollerata e fu annoverata tra i più insidiosi nemici del regime.
Luigi de Filippis, oltre a svolgere l’attività giornalistica, era anche un valente avvocato del foro partenopeo. Originario di Cava, si trasferì a Napoli con la famiglia. I De Filippis rimasero sempre, però, legati alla terra natia, dove erano soliti ritornare per incontri familiari o momenti vacanzieri. La stessa Cava ne ha serbato il ricordo intitolando la via ex Casavella all’avv. Eduardo, padre del nostro.
Possiamo inoltre apprendere da “In memoria di Luigi de Filippis”, pubblicato nel 1952 per volontà del fratello Mario, in occasione del primo anniversario dalla sua dipartita, quanto la sua persona fosse stimata e ben voluta, non certamente per conformismo dovuto, ma per sincero apprezzamento di una personalità d’eccellenza, per la sua profonda fede antifascista, per il suo impegno disinteressato, per il grande contributo dato alla causa antifascista.
“Alla caduta del fascismo si schierò con le forze democratiche per la liberazione del nostro Paese e, chiamato dal Comitato Nazionale di Liberazione a far parte della Deputazione Provinciale, fu eletto V. Presidente, carica che egli ricoprì ispirandosi ai principi della lotta di resistenza per un rinnovamento del nostro Paese, in particolare per il rinnovamento della provinci di Napoli” (avv. Mario Palermo, Senatore della Repubblica, pag.10).
Professore Luigi de Filippis, junior: “Sarebbe necessario che anche le giovani generazioni conoscessero questi fatti per farne tesoro, perché, mutatis mutandis, anche adesso e nel futuro è necessario riappropriarsi del valore della salvaguardia della propria dignità in ogni circostanza della vita, individuale, collettiva e sociale”.

Panorama Tirreno, 14 aprile 2017