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Anche Cava in prima fila per non dimenticare l’Olocausto
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Settimia Spizzichino
Gli anni rubati
Edito dal Comune di Cava de’ Tirreni

Erano in tanti alla fiaccolata a Roma. La comunità ebraica al completo per la commemorazione della deportazione dei 1022 ebrei catturati dai tedeschi nel quartiere del Portico d’Ottavia, nel lontano 16 ottobre 1943. Ma nella piazza del Portico d’Ottavia, sabato 19 ottobre 1996 c’era anche la comunità cattolica di Sant’Egidio. C’era Settimia Spizzichino, l’unica donna, tra i 17 superstiti, ritornata dai campi di concentramento di Auschwitz.
C’era anche la delegazione cavese, in testa il sindaco Fiorillo, promotrice e sostenitrice della pubblicazione “Gli anni rubati”, le memorie della signora Spizzichino, “Memorie” che sono state lette alternativamente da un ragazzo ebreo e da una ragazza cattolica. Non tutte, solo i ricordi più significativi. Ma forse non è tutto il libro un ricordo significativo? Un ricordo indelebile per Settimia, imperituro ora perché consegnato alle generazioni postume, all’immortalità delle pagine di un libro. È proprio attraverso la lettura dei due giovani che, sabato sera, nello stesso luogo dove avvenne la cattura degli ebrei, nell’ immaginario collettivo sembra rivivere la deportazione, l’allucinante tragitto fino ad Auschwitz, il fumo nero delle camere a gas; sembra di sentire i lamenti peri fame, freddo (“In Polonia l’inverno è inverno sul serio”); sembra di percepire le percosse ricevute dai kapò, il puzzo esalato da carogne umane a Bergen Belsen.
E di percepire, come cosa tangibile, la rabbia che ha salvato Settimia. Ma è stato facile per Settimia, questa anziana dolce signora, ricordare? «Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare - scrive nell’ introduzione del libro - ma io no. Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quel la terribile esperienza che si chiama Auschwitz. Tutto questo è parte della mia vita e soprattutto è parte della vita di tanti altri che dai lager non sono usciti. E a queste persone io devo il ricordo, devo ricordare per raccontare anche la loro storia».
Settimia nel raccontare è stata instancabile. Per anni l’ha fatto: ai giornalisti, in televisione, nelle scuole. Quando si è fermata a Cava è stata sollecitata a scrivere le sue memorie. Così è stato.
Edito dal Comune di Cava de’ Tirreni, il libro si è avvalso, oltre che dell’aiuto di Isa di Nepi Olper nel riordinare le memorie, della collaborazione di Teresa Avallone e Federica Clarizia, che operano alla Biblioteca comunale, e di Franco Bruno Vitolo, che hanno curato tutta la parte riguardante la documentazione storica e il repertorio fotografico. Si è avvalso infine della prefazione di Fausto Coen, giornalista, e dei rabbino Capo di Roma, Elio Toaff.
Il libro è stato presentato a Roma durante la suggestiva cerimonia. Ha parlato anche il sindaco Fiorillo, che ha ringraziato Settimia: «Noi la chiamiamo per nome perché Settimia è nostra amica». Settimia è amica di tutti: ebrei e non ebrei, giovani e meno giovani. Sicuramente dei tanti che erano presenti lì al Portico d’Ottavia.
Armida Lambiase
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