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Cavese


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storia
dal XV al XVIII secolo
Biagio Angrisani


Qualche anno fa è stato pubblicato un preziosissimo libro “La Città della Cava e i suoi Sindaci secc. XV-XX” a cura di Rita Taglè, valente direttrice della Biblioteca Comunale di Cava de’ Tirreni e responsabile dell’Archivio Storico Comunale. È un’opera scientifica essendo stata realizzata su documenti. Il lavoro relativo al  XV secolo è di Salvatore Milano, preparato studioso e meticoloso ricercatore. La Taglè e Milano meritano un grazie e un encomio perché, dopo secoli,  abbiamo un elenco quasi completo dal 1400 a oggi e crediamo che poche città dispongono di un’opera simile.
Il materiale è così stimolante che abbiamo creduto interessante presentare ai nostri letori delle figure particolari che hanno contribuito nel bene e nel male alla storia di Cava. Ma, prima di addentrarci in questa lunga carrellata di flash, ricordiamo alcuni storici e studiosi che nel corso dei secoli hanno dedicato scritti e ricerche all’argomento: G. Abignente, Masuccio Salernitano, E. Ricca, R. Pilone. A. Leone, L. Cassese, P. Di Notargiacomo, A. Polverino,  A. Della Porta, P. Peduto, A. Carraturo, A. Genoino, G. Filangieri, S. Mazzella, Beltrano, A. Pisapia, A.M. Attanasio, T. Avallone, V. Canonico, F. Capecelatro, D. Apicella, P. Apicella, S. Buondonno, L. Castaldo Manfredonia, G. Donatone, E. Santacroce, O. Quaranta, P. Ebner, G. Granito, M. Schiavino, G. Foscari, R. Baldi, A. Baldi, A. Adinolfi, Gravagnuolo, A. Salomone, L. Avigliano, A.P. Fiorillo, A. De Sio, A. Infranzi, M.Miglio, O. Casaburi,  F. D’Ursi, G. Lisi, C. Carlone, C.N. De Angelis, N.F. Faraglia e B. Figliuolo. E se abbiamo omesso qualcuno, perdonateci.


Come avverte la Taglè, nell’introduzione, la figura del  «sindaco» si intreccia con la storia e l’autonomia delle Università. La presenza del “sindaco” è già accertata alla fine del XIII secolo, sebbene sia una figura ancora sfumata nei suoi contorni giuridici e politici. L’elenco cavese inizia con il XV secolo (è di Salvatore Milano) ed è giusto dedicare a Raimondo de Tesone, un facoltoso giudice, la prima citazione essendo accertata la sua attività di sindaco dell’Università de la Cava, S.to Adjutore, Mitigliano e Pasciano, nel 1405 e sappiamo pure che Bernardo De Rogieri ricopre tale carica a metà del Quattrocento perché lo scrittore  salernitano Tommaso Guardati gli dedica una novella magnificando le sue virtù pubbliche. Né possiamo certo dimenticare l’Onofrio Scannapieco in carica dal 1459-60 o Fabrizio Mangrella, notaio, che dal 1461 al 1469 gestì la carica quasi interrottamente, sebbene avesse in Paziente Alfieri, notaio, un avversario abbastanza tenace. L’Alfieri ricoprì la carica per diversi mesi del 1468, nel 1469 e tra il 1476-77 nonché 1493-1494. Abbiamo notizia di Gregorio de Curti (1471-1472) per una sua missiva in merito a una storia di nocelle sul territorio cavese. Invece dobbiamo ringraziare un regalo di nozze, composto da centinaia di metri di tela fine, dobletto (panno di lino e bambagia) più altra biancheria offerta  alla regina d’Ungheria Beatrice d’Aragona, figlia del re Ferrante se c’è menzione di Pietro Paolo Troise, un notaio  più volte sindaco (1475-76, 1480, 1482) che ebbe, per altri motivi, anche una causa contro Fabrizio Mangrella.
Nicolantonio Gagliardi tra marzo e giugno 1479 dovette affrontare una terribile peste e diede prova di vitalità e severità nonché di grande opportunismo politico-economico. Vediamo il perché. Innanzittutto per arginare il diffondersi dell’epidemia dispose subito un cordone sanitario impedendo l’entrata di stranieri nel Borgo e successivamente costruì anche una porta per chiudere il Borgo, nonché edificò in una località isolata (a San Vincenzo) un lazzaretto. Passata l’emergenza, ottenne con Regio Decreto che l’importante fiera commerciale  che si teneva a Salerno dal 14 settembre al 1 ottobre fosse spostata a Cava e lui ne fosse nominato massimo giudice per eventuali controversie commerciali. Un “colpaccio” che sicuramente gli attirò le ire e le bestemmie dei salernitani anche perché alla fiera partecipavano  mercanti senesi, genovesi, fiorentini nonché provenienti dal sud della penisola. Il Gagliardi, più volte sindaco di Cava  (1478-79, 1481-82),  era un “pezzo da novanta” come dimostrano le sue cariche militari e politiche e di solito risiedeva a Napoli però, non sappiamo se per libera scelta o per caso, morì nel 1496 al  Corpo di Cava  e fu sepolto nella Chiesa della Badia.
A differenza di altre figure di secondo piano, Raimondello de Citellis dimostrò essere sindaco energico (si battè anche contro l’abusivismo edilizio) e ricoprì due volte il mandato 1482-83 e 1492-93. E sotto la sua amministrazione si decise la costruzione della Chiesa di San Francesco. Valente anche il già citato Paziente Alfieri che dovette fronteggiare una nuova epidemia di peste, ma soprattutto perché adottò una delibera che chiedeva una diocesi cavese totalmente separata dall’Abbazia benedettina. Chi invece dissestò le finanze dell’Università , secondo l’Abignente, è G. Filippo Vertulotta, notaio, 1494-95. In seguito ricoprirono la carica Basilio de Pisapia, notaio, Bernardino Jovene, notaio, Andrea Tipaldi, Carlo Capova, Tommaso de Curtis.  


Nel nuovo secolo troviamo di nuovo  Basilio de Pisapia e poi fu la volta di Pirro Luigi Quaranta. Successivamente si ebbe il bis di Carolo Capova (1502). In rapida successione ricordiamo Paolo Castaldo, Vincenzo Salsano, Silvestro de Alfero, Solimanno dela Corte e Joannocto Troise, per soffermarci invece su Juliano Pappalardo perché sotto l’amministrazione di quest’ultimo vennero espulsi dei monaci dall’Abbazia della SS; Trinità e vi fu la conseguente scomunica di parecchi cittadini di rango. Nel 1515 Giovanni Luigi de Pisapia offrì all’Università addirittura una cauzione  per la retta amministrazione del suo ufficio. Intanto divenne prassi che la durata del mandato, annuale, iniziasse e finisse alla fine dell’estate. Con  Geromino Jovene nel 1533 si preparò una difesa contro un’invasione dei pirati turchi mentre nel 1535 Tomaso Pisapia ebbe l’onore di ricevere Carlo V, il sovrano più potente del mondo.  Rieletto  sindaco, morì in servizio attivo nel 1549 e al suo posto fu eletto Bartolemo Tagliaferri, notaio.
Nel 1551 entra in scena Tolomeo David, personaggio di livello (vedi l’ampia bibliografia), mentre otto anni dopo è la volta di Alfonso Genoino, un negoziante di seta, che insieme a qualche altro mercante rompe la tradizione della casta  dei notai. Il Genoino come diversi suoi predecessori e successori si trovò col problema dei pirati turchi che flagellavano la costa amalfitana e sorrentina. Nel periodo 1586-87, con Delfino de Angrisano (più volte sindaco), furono invece emanati provvedimenti relativi alla pubblica istruzione e la costruzione del monastero di San Giovanni.


Il Seicento  si apre con Lucandonio de Marino, notaio e continua con il citato Delfino Angrisano, ma poi le notizie mancano sino al 1608 con Camillo Vitale.  In questo secolo diversi militari divennero sindaci, come il capitano Flaminio Orilia (1634-35) e il capitano Decio Sparano (1637-38), il sergente maggiore Bartolomeo Giovene (1640-41), il tenente Vincenzo Campanile (1649-1650), il capitano Diego De Rosis o De Rosa (1653-54), il capitano Marco Antonio De Rosa (1655-56), sergente maggiore Fulvio Coda e  il capitano Ignazio di Cesare (1693-94). Ricordiamo poi Theodoro Vitale (1632-33) perché immise in città i Gesuiti e attribuì ai Santi Protettori della città l’immunità dalle eruzioni del Vesuvio, il citato M.A. De Rosa, per la tremenda peste del ‘56 che decimò la popolazione cavese. Invece a Fulvio Adinolfo (1670-71) toccò l’onore di ricevere il Vicerè, mentre Mattia Galise (1687-1688)  e Ignazio di Cesare (1693-94) dovettero  fare i conti con forti scosse di terremoto che danneggiarono la città.


Quello che passerà alla storia come il secolo dei lumi a Cava si aprì con Giuseppe Stendardi (o)  sindaco e per diversi decenni fu caratterizzato da una successione al potere di alcuni personaggi con una certa regolarità. È il caso di Francesco Pisapia,  Niccolò Taddeo, Romulado Atenolfi, Bartolomeo Loffredo, Gaetano Landulfo, Ignazio Genoino, Pietro Formosa, Fabrizio Genovese, Giuseppe Cavaliere, Scipione Loffredo (figlio di Bartolomeo) Sebastiano Sorrentino, Nicola Gagliardi, Tommaso Galise e altri. Questa alternanza abbastanza regolare dimostra chiaramente  il potere economico e politico di alcune famiglie. In occasione della conferma a sindaco (1784-86) di Onofrio Quaranta, ricco commercante di tele, abbiamo l’esatto numero dei capifamiglia convocati (494) che all’unanimità rivotarono il Quaranta, mentre dai casali di Cetara e Albori non si presentò nessuno. Erano anni di fermento anche nella statica società meridionale e Cava, centro agricolo e commerciale, sede di molte residenze estive di ricche famiglie napoletane, recepiva nei vari salotti le idee riformiste portate avanti dal Genovesi e sicuramente diffuse dal Filangeri nelle sue conversazioni cavesi.
Le idee della Rivoluzione francese gettarono una ventata di modernità anche nel regno delle Due Sicilie e nel ’99 anche Cava fu teatro di violenze tra realisti e francesi. All’epoca era sindaco il marchese Nicola Atenolfi (1788-...) che si trovò coinvolto nell’offensiva controrivoluzionaria che nelle nostre zone vide protagonisti il casale di Cetara e i fratelli Autuori. Vi furono diversi scontri armati tra lealisti e francesi. Lo stesso Atenolfi  fu “detenuto nelle forze per materia di Stato”. E praticamente nel secolo dei lumi su quest’area geografica calavano  le tenebre della controrivoluzione sanfedista del cardinale Ruffo che alla testa del suo esercito di contadini e lazzaroni conquistava Napoli e sterilizzava con la forca e il carcere le idee di progresso che si erano diffuse del Regno, ritornato di nuovo saldamente in mano ai Borboni.


(continua) :
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